The six sonatas for violin and harpsichord
Armonie architettoniche, con sentimento e filosofia
Le sei Sonate à / Cembalo [con}certato è I Violino solo, col/ Basso per Viola da Gamba accompagnata / se piace" BWV 1014-1019 videro la luce negli anni che Johann Sebastian Bach trascorse a Kòthen, tra la fine del 1717 e l'inizio del 1723 al servizio del principe Leopold. Completamente libero dai doveri ecclesiastici, Bach poté qui dedicarsi alla musica strumentale; fu questo il periodo in cui il compositore scrisse anche i Concerti Brandeburghesi. Svariati anni più tardi, tuttavia alcune Sonate furono da lui rimaneggiate; in parte la Quinta venne rielaborata, ma l'intervento più grande fu fatto sulla Sesta, di cui in seguito si prenderanno in analisi i cambiamenti. Pur ammettendo le rielaborazioni fatte in un secondo tempo, Bach pensò queste Sonate come una raccolta e ciò è ampiamente testimoniato dalla concezione unitaria che le attraversa. Nonostante la possibilità che il compositore offre per l'esecuzione, ovvero raddoppiare la parte del basso, corrispondente alla mano sinistra del clavicembalo, con la viola da gamba, di fatto queste Sonate funzionano perfettamente senza, configurandosi come vere e proprie Sonate a 3 in cui il violino e la mano destra del clavicembalista sono le due voci soprane, e la mano sinistra è il basso. Il contrappunto rigoroso e impeccabilmente costruito dal compositore tratta le tre voci in maniera uguale, in un continuo interscambio di idee. Ogni elemento, più o meno tematico, fluisce nella pienezza e nella consapevolezza della profondità armonica e allo stesso tempo scorre fraseggiando orizzontalmente. Talvolta alla voce del basso è affidata la funzione di asse portante, di colonna armonica. La simbiosi che si deve generare fra due strumenti ontologicamente così differenti, quali sono il violino e il clavicembalo, è enorme: agli interpreti spetta il compito più arduo, quello di superare le caratteristiche e anche gli eventuali limiti del proprio strumento per fondersi con l'altro. Proprio con questo scopo, il violino si fa terza mano del clavicembalista, avvicina la qualità del suo suono al pizzicare della corda, e il cembalo brama a cantare per poter meglio dialogare con lo strumento ad arco. La produzione cameristica di Johann Sebastian Bach è una goccia in mezzo all'oceano della sua opero omnia, si stima circa un 4%, comprendente le Sonate per viola da gamba e clavicembalo e quelle per flauto e cembalo. Eppure, in queste Sonate, Bach riesce ad unire il passato, il presente e ad anticipare il futuro musicale. Crea infatti mirabilmente una sorta di compendio di tutti gli stili e più in generale della cultura musicale europea che lo ha preceduto e quella sua contemporanea, e ad apportare sensibili novità. Il violino viene trattato in maniera solistica con molta attenzione e, grazie a queste Sonate, Bach ricerca e sfrutta le sue potenzialità: d'altra parte un vero e proprio stile violinistico tedesco ancora non esisteva. Ma non è tutto. Il nuovo tipo di Sonata da lui elaborato non ha più niente da spartire con la concezione dello strumento melodico accompagnato dalla tastiera con funzione di basso continuo, quindi prevalentemente armonica. L' indicazione del cembalo addirittura prima dello strumento melodico che troviamo nel titolo è quindi una grande novità rispetto alla consuetudine dell'epoca e denota il ruolo del cembalo, che non è più relegato ad accompagnamento ma diventa concertante, vero e proprio coprotagonista. Questa formula fu determinante per il futuro e portò molti altri compositori a volersene cimentare, a cominciare dai suoi figli Cari Philip Emanuele Johann Christian, continuando con Mondonville, Rameau, Giardini, Schobert, Sarti, Boccherini e tanti altri. Le sonate per pianoforte storico e violino che ben conosciamo di Mozart e Beethoven affondano proprio qui le loro radici. Bach si dedicò comunque alla composizione di alcune Sonate per violino e basso continuo, sempre nel periodo di soggiorno a Kòthen. Dal punto di vista dell'architettura delle Sonate, 1e prime cinque seguono il modello della Sonata da Chiesa, con l'alternanza di quattro movimenti differenti agogicamente (lento, veloce, lento, veloce): Bach esplora al loro interno un elevatissimo numero di forme compositi ve. I movimenti in stile fugato sono prevalenti, ma non mancano le danze, come la Siciliana (primo tempo della Sonata IV), un movimento solistico per il violino con le diminuzioni in stile italiano (primo movimento della Sonata lii), i Canoni (i movimenti lenti della Sonata Il), una Passacaglia (terzo movimento della Sonata IU) e addirittura un movimento in cui è il cembalo ad improvvisare una fluente scrittura in biscrome e il violino ad assumersi il ruolo di basso continuo (terzo movimento della Sonata V). Il movimento di apertura è di taglio unitario, fatta eccezione per l' unica danza, la sopracitata Siciliana. La cantabilità fluisce grazie alle fioriture spesso melismatiche. E' questo il luogo in cui lasciar rifulgere la meravigliosa espressività, mai annunciata, mai scontata, del sommo compositore. Lo stile contrappuntistico, che permea dolcemente anche i movimenti lenti, è conclamato nei secondi tempi, che si caratterizzano come vere e proprie Fughe o Trii fugati, ma nei quali si possono comunque distinguere due tipologie: le Fughe propriamente dette, che iniziano con il soggetto enunciato da una delle due voci acute per continuare con la seconda, infine passare al basso e gli "Allegri" da Concerto, che ricalcano lo stile dei movimenti veloci dei Concerti di Antonio Vivaldi, prevedono l'entrata contemporanea di tutte le voci, e l'alternanza di sezioni di Tutti a sezioni di Solo. li terzo movimento è sempre caratterizzato dalla modifica dell'impianto tonale; come si diceva, ogni movimento lento è l'occasione per Bach di esplorare una forma compositiva. Nuovamente l'ultimo movimento è una Fuga o un Trio in stile fugato e rientra nelle due tipologie descritte per i secondi movimenti, contraddistinguendosi però maggiormente per l'andamento danzante. Il caso della Sonata VI è da considerarsi a parte. Ci è pervenuta in tre versioni, la prima appartiene al periodo di Kòthen, le successive due al periodo di Lipsia, una ai primi anni dell'ufficio di Thomaskantor (ovvero di direttore artistico del Thomanerchor) e una agli ultimi anni di permanenza in questa città. Di sette manoscritti in cui è riportata questa Sonata, quattro presentano la terza versione, da considerarsi quindi verosimilmente definitiva . Solamente i primi due movimenti sono in comune fra la prima e l'ultima versione. Dei restanti tre, due, un "Cantabile, ma un poco Adagio" e un "Adagio" sono sostituiti da un brano per cembalo solo e da un altro Adagio, mentre l'ultimo movimento è la ripetizione del primo, in quanto il manoscritto riporta la dicitura Ab initio repetat et claudat. La particolarità della seconda stesura è che il brano per cembalo solo corrisponde alla Couronte della Sesta Partita in mi minore per clavicembalo BWV 830. L' ultimo movimento invece è la ristesura della Gavotta proveniente dalla medesima Partita, adattata al violino accompagnato dal clavicembalo in funzione di basso continuo. La presenza di un movimento per il cembalo solo all'interno di una sonata cameristica è una gemma in tutto il repertorio di qualsiasi epoca; si caratterizza per essere in forma di danza binaria. Lo schema dell'intera sonata non è riconducibile a quello della Sonata da Chiesa, ma alla Sonata da Camera: i movimenti sono quindi cinque e l'alternanza è veloce lento -veloce-lento veloce.
Chiara Cattani
Diplomata con lode in pianoforte, in clavicembalo (menzione d'onore), in direzione di coro e composizione, in musica da camera e in fortepiano, ha ottenuto il Diploma di Post Graduate Harpsichord Course presso Masie Konstantin Bogino, per il clavicembalo di Silvia Rambaldi, Luigi Ferdinando Tagliavini e Florian Birsak, per il fortepiano di Stefano Fiuzzi. Premiata in svariati concorsi internazionali, svolge un'intensa attività concertistica che l'ha vista interprete di numerosissimi concerti come solista o continuista al cembalo e Al fortepiano e come pianista in formazioni da camera, nelle principali città italiane e all'estero, in Francia, Inghilterra, Austria, Germania, Spagna, Israele, Palestina, Stati Uniti e Giappone e di particolare rilievo è l'attività artistica che svolge in duo con il violinista Roberto Noferini dal 2009, alternando i tre strumenti. Tra le incisioni discografiche in duo spiccano l'integrale della produzione solistica e cameristica di G. Sarti per ''Tactus" e le Sonate op. Il per violino e basso continuo di G.B. Somis. Di recente pubblicazione, un doppio cd dedicato a J.A. Hasse per la casa discografica "Concerto Classics", contenente tutta la produzione clavicembalistica scritta in Italia, che sta ottenendo importanti riconoscimenti dalla critica. È docente di Clavicembalo e Tastiere storiche al Conservatorio di Benevento, accompagnatrice del dipartimento barocco del Conservatorio di Bolzano e della classe di canto barocco a Lecce. È assistente principale alla direzione presso il Festival di Musica Antica di lnnsbruck, e svolge regolarmente l'attività di Maestro Collaboratore e Maestro ai Recitativi al clavicembalo e al fortepiano in importanti Teatri italiani ed europei (Teatro Sociale di Bergamo, Teatro Regio Torino, Staatsoper di Hamburg, Festspie lhaus di Baden Baden, Mozarteum di Sal zburg) collaborando con prestigiose orchestre, tra le quali l'Academia Montis Regalis, la lnnsbruck er Festwochen Orchester, la Freiburger Barockorchester. Vanta collaborazioni musicali, tra gli altri, con E.Onofri, O.Gaillard, O.Centurioni, G.Banditelli, G.Belfiori Doro, M. Valli, C. Rossi, S. Prina, S. Montanari, D. Oberlinger, E. Gubanska, Y.Revich, L.Marzadori, F.Dego, A.Dulbesten, l. Cavasanti, A.Helm. Suona stabilmente con il mezzosoprano Arianna lanci e la violoncellista Verena Laxgang, collabora con svariate formazioni cameristiche con strumenti antichi e approfondisce con Silvia Rambaldi il repertorio per clavicembalo a quattro mani. È laureata in Storia del mondo antico con lode e tesi in Papirologia. È direttrice artistica del Corso di perfezionamento musicale 'Marco Allegri' di Faenza, in cui è anche docente di pianoforte e clavicembalo.
Roberto Noferini
Nato nel 1973, si è diplomato con lode al Conservatorio Verdi di Milano con Gabriele Baffero e si è poi perfezionato con Salvatore Accardo, Arthur Grumiaux, Pavel Vernikov e, per la musica da camera, con Dario De Rosa. Ha vinto numerosi primi premi e premi speciali in importanti concorsi internazionali (Postacchini di Fermo, Viterbo, Portogruaro, Lipizer di Gorizia, Perosi di Biella). Al suo debutto a soli 12 anni al Teatro Comunale di Bologna ha fatto seguito un’intensa attività concertistica che lo ha portato ad esibirsi in prestigiosi festival e per importanti istituzioni concertistiche italiane (Società dei Concerti di Milano, Amici della Musica di Firenze, Vicenza e Pescara, Teatro Comunale di Ferrara, Accademia Chigiana, Rossini Opera Festival, Festival di Città di Castello e di Ravello, Università Cattolica di Roma ecc.) e, all’estero, nelle principali capitali europee, in Sud America, Giappone ed Egitto. Membro fondatore dal 2000 dello SchuberTrio si esibisce in numerosi concerti da camera, riscuotendo unanimi consensi. Segnalato da numerose critiche come uno dei più brillanti violinisti della sua generazione, ha suonato in veste di solista alcuni dei principali concerti per violino (Bach, Locatelli, Vivaldi, Paganini, Mozart, Beethoven, Mendelssohn) e collabora in formazioni cameristiche con Bruno Canino, Alessandro Specchi, Denis Zardi, Salvatore Accardo, Domenico Nordio, Massimo Quarta, Isabelle Faust, Bruno Giuranna, Sylvie Gazeau, Anthony Pay, Emanuele Segre e Giampaolo Bandini. Con la sorella Anna (violinista del Maggio Musicale Fiorentino e violista) e il fratello Andrea (primo violoncello del Teatro dell’Opera di Roma) suona in trio d’archi in omaggio al padre Giordano Noferini, compositore, direttore d’orchestra e direttore dal 1974 al 1977 del Conservatorio Giovan Battista Martini di Bologna. Roberto Noferini si dedica con attenzione al repertorio contemporaneo e ha lavorato con Luciano Berio, Salvatore Sciarrino, Goffredo Petrassi, Niccolò Castiglioni, Giacomo Manzoni e Bruno Bettinelli. La sua versatilità lo ha portato inoltre ad eseguire brani solistici in alternanza a letture di poesie recitate da Paola Gassman, Arnoldo Foà, Ugo Pagliai, Giancarlo Giannini ed Ottavia Piccolo.Tra le sue incisioni spiccano due CD per la casa discografica Bongiovanni in duo con Bruno Canino (Sonate di Busoni e Morceaux di Bazzini), un CD per Atopos con il Quatuor pour la fin du temps di Messiaen e alcuni CD per Tactus (Sonate a tre di Sammartini con Bruno Canino, Trii di Bossi con lo SchuberTrio e l’integrale delle Sonate per clavicembalo e violino di G. Sarti con Chiara Cattani).È docente della cattedra di violino presso il Conservatorio E. R. Duni di Matera e all’Istituto Musicale Sarti di Faenza ed insegna al Corso di Perfezionamento Violinistico estivo di Castrocaro. È stato insignito dell’onoreficenza di Cavaliere dell’ Ordine di S. Agata dalla Repubblica di S. Marino per alti meriti artistici e culturali. Suona un violino Giuseppe Scarampella ex-Bazzini del 1865 che alterna con un Don Nicola Amati del 1732.